Museo Regionale dell'Emigrazione dei Piemontesi nel Mondo

Alla conquista del west

Parlare di emigrazione italiana riporta alla mente l'immagine delle navi a vapore che, a fine Ottocento, partivano cariche di persone alla volta delle Americhe o dell'Australia. A chi non è capitato di imbattersi in una cartolina in bianco e nero delle traversate oceaniche, uomini e donne che salutavano il nuovo continente, la Statua della Libertà sullo sfondo? La Merica, come si diceva, una meta agognata per un'emigrazione che si immagina povera di mezzi e di risorse. Difficile pensare ai nostri connazionali, partiti con la valigia di cartone al seguito, come esploratori, corsari, cowboy.

Invece, è proprio in questo universo di praterie sconfinate, indiani Sioux e cappelli Stetson, che ci porta il libro “Gli italiani alla conquista del West” di Luigi Grassia, giornalista della Stampa, ovvero come recita il sottotitolo «Tex Willer in tricolore. Una storia di uomini (ma anche di donne)» (Mimesis, pp. 199, EUR 16). Una presentazione interessante quella organizzata dal Museo Regionale dell'Emigrazione per venerdì 17 maggio, alle ore 21,00, e non solo per i nostalgici di “Ombre rosse” e “Mezzogiorno di fuoco”. D’altra parte l’incipit del libro è decisamente provocatorio: L’America? L’abbiamo inventata noi italiani, e non solo con Cristoforo Colombo e Amerigo Vespucci.

Al momento giusto, in ogni parte del continente è sempre spuntato un Tex Willer italiano a fare da apripista alla Storia, dal Texas delle grandi mandrie fino alle terre dei Sioux e ai flutti dorati dei Caraibi. A creare il mito letterario del Far West è stato il cowboy siculo-texano Charlie Siringo, che ha dato la caccia a Billy the Kid e al Mucchio Selvaggio e poi ha reso nota al mondo quell’epopea pubblicando un libro da un milione di copie e lavorando da consulente a Hollywood per i primissimi film western. Un altro italiano, il bergamasco Giacomo Costantino Beltrami, ha esplorato le sorgenti del Mississippi andando alla ventura fra i Sioux e ha scritto il primo dizionario della lingua di Cavallo Pazzo. E a New Orleans, il grande porto del West sui Caraibi, ha fatto base il genovese Giuseppe Bavastro, capitano corsaro di Simón Bolívar. Le storie di questi Tex Willer italiani ci svelano com’è stata forgiata davvero l’America, e lo fanno con un sorprendente contributo femminile: di queste pagine sono protagoniste anche le cowgirl, le rapinatrici di treni e di banche, le detective e le donne pirata, oltre che le suore missionarie, le madri, le mogli e le amanti appassionate.

Luigi Grassia ha firmato reportage per “La Stampa” da 107 Paesi ed è autore di sette libri, soprattutto sull’America, fra cui Balla coi Sioux (2017). Ha pubblicato anche l’autobiografia professionale ironica In mongolfiera contro un albero (2013) con prefazione di Massimo Gramellini. Negli anni ha firmato diecimila articoli e ha intervistato Henry Kissinger, il segretario dell’Onu Kofi Annan, lo storico Arthur Schlesinger e i premi Nobel per l’Economia Paul Krugman e Amartya Sen. È cittadino onorario del Texas.