La Giornata della Memoria al Museo
"Le circostanze sono tali che non lasciano luogo a commenti di alcun genere" con queste parole Beppo Levi accolse la notizia della promulgazione delle leggi razziali nel 1938. Spettatore attento, portato ad un'analisi critica e ad una reazione efficace alle politiche volute dalla dittatura, Levi fu costretto a lasciare l'Italia per sfuggire alle persecuzioni antisemite. In Argentina, il Paese dove emigrò, viene ricordato come "il padre della matematica", tanto furono importanti i contributi portati all'avanzamento della disciplina.
La storia di Beppo Levi e di chi, come lui, è stato forzatamente costretto a lasciare l'Italia per motivi politici, religiosi o ideologici, viene ricordata al Museo Regionale dell'Emigrazione di Frossasco il 24, 25 e 26 gennaio. Nel fine settimana a ridosso della Giornata della Memoria, l'équipe interna organizza delle visite guidate sul tema delle migrazioni forzate. Una programmazione che intende dunque rendere omaggio alla commemorazione delle vittime dell'Olocausto, delle leggi razziali e ricordare coloro che hanno messo a rischio la propria vita per proteggere i perseguitati, ampliando però la riflessione per includere quanti subirono il dramma dell'esilio.
Anche in età liberale molti anarchici e militanti del movimento socialista, tacciati di essere dei "sovversivi", furono costretti alla fuga all'estero. Nei Paesi scelti come meta di destinazione fornirono un contributo fondamentale alla nascita di giornali, società di mutuo soccorso, associazioni di mestiere. La loro azione è stata determinante per la costituzione delle principali istituzioni collegate alla comunità migrante e nei percorsi di sindacalizzazione.
L'affermazione del fascismo, caratterizzato dalle violenze squadriste degli inizi e dal successivo varo della legislazione repressiva di qualsiasi forma di dissenso politico, ravvivò la tradizione dell'esilio. A quanti abbandonarono l'Italia venne però negato l'appellativo di esule, sostituito dall'espressione di "fuoriuscito" che sembrava caratterizzata da una connotazione più negativa, quasi a voler gettare un'ombra di discredito, quando non di faziosità o di codardia, su coloro che furono costretti a emigrare.
In misura ineguagliata fino a quel momento nella storia d'Italia, l'esilio antifascista coinvolse migliaia di artigiani e operai, indotti alla migrazione per fuggire alla situazione di pericolo, alle minacce, alle ritorsioni. La grande maggioranza dei circa sessantamila fuoriusciti raggiunse la Francia, le altre mete ricalcavano quelle più battute dall'emigrazione economica: la Svizzera, il Belgio, la Germania, la Spagna, l'Argentina, gli Stati Uniti, il Brasile.
Le leggi razziali del 1938 portarono alla fuga e all'espulsione di numerosi ebrei italiani. Nel 1941, tre anni dopo il varo delle leggi, circa il 12% dei quarantasette mila ebrei presenti in Italia aveva lasciato il Paese. Molti ripararono in Svizzera, soprattutto dopo l'8 settembre 1943, altri negli Stati Uniti e in Sud America, soprattutto in Brasile e in Argentina. I luoghi scelti come meta di destinazione non furono sempre ospitali, al contrario gli esuli furono spesso costretti a subire altre discriminazioni antisemite e a lottare per l'integrazione all'interno delle comunità locali.
La conclusione della guerra, mentre ricondusse in Italia molti ebrei costretti ad abbandonare il Paese, si accompagnò a una nuova ondata di profughi provenienti dall'Istria e dalla Dalmazia. Le partenze iniziarono nell'inverno del 1943 ma si intensificarono dopo il 1945, a causa dell'ondata di terrore prodotta dalle migliaia di esecuzioni sommarie attuate localmente. Le violenze anti italiane si produssero in un clima di scontro alimentato da decenni e acuito tanto dalle politiche di italianizzazione forzata volute dal regime, tanto dai rastrellamenti e dalle rappresaglie contro i partigiani.
La Giornata della Memoria induce dunque a una riflessione sul tema dell'emigrazione italiana che si allontana dall'immagine, spesso mitizzata ed edulcorata, di quanti hanno "cercato fortuna" all'estero. La Merica, come si diceva in passato, è stata per alcuni una meta imposta, una separazione forzata, una scelta drammatica. Il Museo dell'Emigrazione, a Frossasco, alimenta il dibattito il 24, 25 e 26 gennaio.