Geografi ed esploratori in sud Africa
L'analisi celata dell'emigrazione italiana
«Fu soddisfazione grandissima per lui l’avere potuto, in quel breve volger di anni, mentre si dava all’apostolato evangelico, rendere anche alcuni servizi alla madre patria, mandando alla Società Geografica Italiana corrispondenze su quei paesi, allora così nuovi ancora, a qualche scienziato degli esemplari zoologici ed al Museo Etnografico di Roma collezioni desideratissime».
Poche righe in cui si parla di Giacomo Weitzecker, missionario valdese in Africa australe, e della sua passione per il contesto culturale e ambientale nel quale si è trovato a operare. Un interesse marcato per la flora e la fauna locale, per la conformazione geografica e morfologica del territorio, per la lingua e la cultura dei popoli incontrati. Un’attitudine allo studio, come si evince dalla fitta corrispondenza intrecciata proprio con la Società Geografica Italiana, sul cui Bollettino pubblicò numerosi articoli. Dalla sua corrispondenza emerge l’interesse per lo sviluppo dell’attività scientifica in patria, alla quale contribuì con relazioni dettagliate di natura geografica o etnologica. Gli scritti di Weitzecker hanno infatti la peculiarità di tenere separate la documentazione di carattere missionario da quella di argomento scientifico e socio-politico.
Il missionario valdese aveva però una propensione anche alla raccolta di oggetti, considerati già all’epoca documenti così preziosi da essere collocati all’interno di alcuni prestigiosi musei. Le armi e manufatti di uso quotidiano, ad esempio, sono conservati presso il Museo Preistorico Etnografico Pigorini di Roma, nel Museo Storico Valdese di Torre Pellice, in varie collezioni private e pubbliche di Piemonte, Lombardia, Toscana, Francia, Inghilterra, Sud Africa e Zambia. Weitzecker raccolse anche reperti botanici, mineralogici e animali, presenti nel Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino.
Un profilo analogo è quello di Luigi Jalla, anche lui valdese e missionario, fratello del primo curatore del Museo di Torre Pellice, Jean Jalla. Luigi svolse la sua opera di evangelizzazione in un’area situata più a nord, nel territorio dell’attuale Zambia occidentale e centro occidentale. Come Weitzecker, Jalla contribuì alla formazione della collezione di oggetti africani presenti al Museo Valdese, ma si tratta solo di una piccola parte dei materiali raccolti. Questi in origine comprendevano non solo materiale etnografico, ma anche reperti minerali, botanici e animali che ora sono suddivisi in altri musei e raccolte. Anche Luigi Jalla collaborò con la Società Geografica Italiana: rientrato in patria, l’Ente ospitò più volte delle sue conferenze, condotte con l’ausilio di proiezioni di fotografie che illustravano usi e costumi delle genti dell’alto Zambesi.
Il volume “Giacomo Weitzecker e Luigi Jalla. Missionari e geografi valdesi in Africa australe” raccoglie diversi interventi sul tema e un catalogo che presenta il patrimonio di oggetti custodito al Museo Pigorini di Roma, al Museo valdese di Torre Pellice, all'Archivio fotografico valdese, alla Società delle missioni di Parigi e nell'archivio amministrativo della Società Geografica Italiana. Il Museo Regionale dell’Emigrazione di Frossasco, insieme a Davide Rosso, Direttore del Centro culturale valdese e curatore del libro, coglie l’occasione di questa recente pubblicazione per ampliare il discorso e parlare di Africa, missioni, musei. La partnership allargata include anche il Museo di Antropologia e di Etnografia dell’università di Torino e ha scelto il multimediale per rendere fruibile l’incontro.
Quest’ultimo, disponibile online (per dettagli su come seguirci scrivete a info@museoemigrazionepiemontese.org), è previsto giovedì 30 aprile dalle 15,00 alle 16,30 e sarà articolato come segue:
- Erika Grasso:
Missione Africa: immagini e oggetti “altri” nelle collezioni e negli archivi torinesi
- Davide Rosso:
Geografi, fotografi e collezionisti: l’attività “altra” dei missionari valdesi G. Weitzecker e L. Jalla in Africa australe
- Sara Gobbo:
Filippo Perlo: fotografie di un missionario della Consolata in Kenya
- Carlotta Colombatto:
“Alla ricerca degli italiani in Africa australe”. I musei tra memorie e relazioni
La serata intende porre l’attenzione non tanto, non solo, sulla figura del missionario come studioso, ricercatore, collezionista, financo come migrante. Chi partiva allo scopo di svolgere attività di apostolato evangelico, nel caso valdese giovani uomini spesso accompagnati dalle consorti, rientrava all’interno di una “comunità di mestiere” per la quale il viaggio, l’emigrazione, era una dimensione costituente. L’incontro con Davide Rosso ha invece l’intenzione ragionare sul missionario quale osservatore delle comunità italiane all’estero. L’uomo di fede, persona colta e attenta alla dimensione scientifica che si svolgeva in patria, diventava sovente l’interlocutore governativo ideale, in grado di riportare notizie attendibili sulla Grande Emigrazione italiana. Il primo governo post unitario, infatti, si mostra interessato al fenomeno, la cui dimensione quantitativa e la cui portata sociale non tarderanno a diventare evidenti.
Questo è il caso, ad esempio, proprio di Giacomo Weitzecker. Inviato a Kimberley come geografo, scrisse numerose lettere e un rapporto che verrà pubblicato sul Bollettino della Società Geografica Italiana. Oggetto del suo studio, questa volta, proprio la comunità italiana, che in loco lavorava nelle miniere di diamanti e nell’indotto collegato. Kimberley è infatti un noto sito minerario in Sud Africa, raggiunto a cavallo tra Ottocento e Novecento da numerosi italiani in cerca di fortuna. Tra questi anche un nucleo importante di piemontesi, molti provenienti proprio da Avigliana dove Alfred Nobel aveva impiantato uno dei suoi stabilimenti di dinamite. Le maestranze locali, specializzate nella lavorazione dell’esplosivo, videro nel Sud Africa il luogo adatto dove impegnare la propria professionalità.
Giacomo Weitzecker non solo effettuò un’analisi statistica della comunità italiana presente in loco, ma ne analizzò anche la componente sociale. Dai suoi scritti, ad esempio, sappiamo che gli italiani si organizzarono in una realtà associativa simile a quella del mutuo soccorso, con lo scopo di proteggersi da accuse ingiuste. Come accadeva anche in altri Paesi, i nostri connazionali in Sud Africa, furono oggetto di stereotipi e di discriminazioni. Visti come una “razza” inferiore, erano spesso accusati di crimini e delitti che non avevano commesso. La società aveva dunque come scopo quello del sostegno reciproco, anche attraverso il ricorso a un avvocato in caso di necessità.
Un incontro particolare, quello che vede coinvolti il Centro Culturale valdese, il Museo Regionale dell’Emigrazione e il Museo di Antropologia dell’Università di Torino. Protagonista una categoria molto particolare di migranti, i missionari, che all’opera di evangelizzazione seppero accostare anche lo studio del territorio e delle culture locali, così come una sorta di attività di intelligence ante litteram.
Per assistere all'incontro è stato utilizzato Webex.