Inaugurazione della mostra "Confini"
Le strade deserte, le scuole chiuse, il lavoro da casa. Le mascherine, il distanziamento fisico, il confinamento domestico. L’emergenza sanitaria legata alla pandemia da Coronavirus e i conseguenti provvedimenti governativi hanno costretto tutti a rivedere scadenze, attività, anche luogo di lavoro, con la consapevolezza di stare vivendo un momento storico epocale, caratterizzato da risvolti sociali importanti.
In questi mesi di lockdown il Museo Regionale dell’Emigrazione, come tutti i musei italiani, è stato chiuso al pubblico. L’operatività dell’équipe, tuttavia, non si è fermata. Abbiamo preso i nostri effetti personali, ci siamo salutati (mantenendo il metro di distanza) e trasferiti a casa, che è diventata il nostro ufficio. Dalle abitazioni private abbiamo continuato a portare avanti quei progetti di divulgazione culturale che ci caratterizzano ormai da anni.
Le nuove proposte sono volte a potenziare l’orientamento inclusivo del Museo, in primo luogo per allineare la funzione pubblica della struttura con le esigenze contemporanee dell’utenza. Le iniziative promosse si muovono nella direzione di includere e motivare i visitatori, tra i quali la comunità locale gioca un ruolo non secondario. Pensate come pratiche mirate alla collaborazione e alla partecipazione, le diverse progettualità intendono offrire agli interlocutori del Museo la possibilità di cooperare alle modalità espositive e comunicative portate avanti. Si tratta dunque di processi aperti, che instaurando un rapporto dialogico e critico con i visitatori abituali e potenziali, hanno lo scopo di agevolare non solo lo sviluppo di dinamiche soggettive dell’apprendimento, ma anche la negoziazione di significati personali, utili a instaurare un rapporto di fiducia con il Museo e chiavi di accesso ad ulteriori proposte di natura culturale.
In quest’ottica è nata la prima campagna di ricerca e di raccolta, dal titolo “Confini. Ridisegniamo gli spazi ai tempi del Coronavirus”. L’idea è stata quella di scattare una sorta di istantanea del momento presente, per capire come le persone e le comunità hanno affrontato la quarantena, quali provvedimenti sono stati presi anche a livello locale, qual è stato l’impatto sulle famiglie e le diverse generazioni.
Per lavorare in stretta connessione con le tematiche trattate finora, l’équipe ha scelto di documentare la pandemia a partire dal tema dei confini, appunto, delle barriere. Queste, soprattutto a livello nazionale, se erano attraversate durante il periodo della Grande Emigrazione e sono tuttora solcate dai nostri migranti contemporanei, sono tracciate e rimarcate, reinventate anche, dal COVID-19. Abbiamo vissuto in un contesto storico in cui il trattato di Schengen sembrava essere un lontano ricordo, le barriere tra i Paesi europei avevano assunto le medesime connotazioni che avevano quasi cinquant’anni fa. Ma, senza andare così lontano, i confini regionali e comunali, che prima del lockdown si attraversavano senza neanche essere oggetto di riflessione, sono apparsi per un periodo come delle vere e proprie barriere. Tra queste, infine, ve ne sono state di nuove, inusuali, come quelle della porta di casa, del nostro balcone, ad esempio.
Come il Museo ha deciso di documentare la pandemia? La scelta fatta è stata quella di coinvolgere i cittadini, considerarli protagonisti attivi del progetto. Abbiamo chiesto al nostro pubblico di raccontarci cosa ha fatto per passare il tempo, quale limitazione è pesata di più, da chi sono stati lontani e a chi invece sono stati vicini. Ci sono giunte immagini, racconti, video, oggetti particolarmente rappresentativi di come è stata vissuta la quarantena a Frossasco, nel pinerolese ma anche in diverse altre parti del Piemonte.
Con questo materiale abbiamo allestito la mostra “Confini. Ridisegniamo gli spazi ai tempi del Coronavirus” che inauguriamo sabato 4 luglio alle ore 17,00. Tra il materiale esposto grazie al patrocinio del Comune di Frossasco, anche le fotografie di Patrizio Righero, Direttore del giornale Vita diocesana pinerolese, e di Walter Molinero, fotografo frossaschese che fa della sua arte uno strumento con cui raccontare storie di vita ed emozioni. I due co-autori dell’esposizione hanno inteso condividere con il Museo le immagini da loro raccolte durante la pandemia: mascherine e distanziamento sociale che hanno invaso la nostra quotidianità, nelle strade, nei negozi, al mercato, nelle chiese. Scatti, alcuni in bianco e nero, altri con colori vividi, che ritraggono scorci e situazioni tra Frossasco e Pinerolo.
Al fine di tutelare la salute e la tranquillità del pubblico, la mostra sarà allestita nel giardino del Museo, se il tempo lo consente. Diversamente saranno utilizzati gli spazi interni, avendo cura di contingentare gli ingressi. La mostra sarà ospite del Museo fino a domenica 9 agosto, visitabile durante gli orari di apertura.